Martedì sera al Sermig c'è stato l'incontro con Domenico Quirico, il giornalista della Stampa che rapito , è stato tenuto prigioniero in Siria per cinque mesi. C'era tantissima gente , in larga maggioranza giovani, venuti ad ascoltare le parole di quest'uomo che ha vissuto una esperienza tragica .
Le domande al giornalista sono state fatte, oltre che da una giornalista , soprattutto dai ragazzi che hanno voluto sentire da lui cosa ha lasciato nel suo animo questa avventura traumatica.
Quirico è un grande giornalista , reporter di guerra, è stato presente in tante drammatiche situazioni in Europa e in Africa, già nel 2011 era in Siria ed era stato rapito e liberato dopo pochi giorni.
La rivoluzione siriana l'aveva conosciuta bene ed approvata, dopo la lunga dittatura di Assad gli sembrava giusta e degna di attenzione. Aveva voluto ritornarci, lui ci spiega che fu anche un atto di superbia e di egoismo: arrivare primi sui luoghi, riuscire a strappare notizie di prima mano, descrivere dal vivo tutto quello che succede senza minimamente pensare a chi lasci a casa con l'angoscia nel cuore, la sua famiglia , le sue figlie che nel lungo periodo della . prigionia hanno molto sofferto.
Il suo rapimento, insieme ad un giornalista francese è stato qualcosa di estremamente drammatico,fatto da una fazione di uomini che si sono dimostrati crudeli e senza pietà.
Lui ci racconta che tutta la società siriana, dopo anni di guerra fratricida , ha perso ogni senso di pietà umana e viene da lui chiamata il regno del male.
Anche i bambini, vivendo in questo clima di terrore, imparano dagli adulti la violenza ; lui ricorda che un giorno alcuni ragazzini gli fecero vedere sul cellulare una scena di lapidazione terribile; come se fosse una scenetta ridicola! E loro ridevano!
I ribelli della prima ora non ci sono più, sono stati tutti uccisi, forse quelli davvero perseguivano un ideale di libertà e di giustizia, quelli che sono subentrati dopo invece hanno perso di vista il vero motivo che li spinge alla ribellione e alla lotta e sono diventati delle bande di delinquenti.
Affermazioni dure ma che Quirico giustifica con il fatto di averle provate sulla sua pelle.
Le domande dei ragazzi vertevano su come Quirico avesse potuto resistere tanto tempo in una cella buia, piccola, senza vedere mai nessuno; lui risponde che anche la fede lo ha aiutato e il poter ricordare i tantissimi libri letti , poter parlare con il suo compagno; senza di lui dice che sarebbe morto.
Per ben due volte hanno finto di ucciderlo puntandogli la pistola alla tempia! Come si possono dimenticare certe cose, ti seguiranno per tutta la vita: